Coscienza Paleolitica - Poliamorismo

Il culto di Avlekete

« Older   Newer »
  Share  
Skamall
view post Posted on 15/4/2012, 19:39




CITAZIONE
Il culto di Avlekete
Tratto da Marc Augé, Genio del paganesimo, Bollati Boringhieri editore, Torino 2008,
capitolo 8, Al di là del senso: i segni del potere, pp. 257-260.
Il secondo esempio si colloca in teritorio mina, nel Sud-est del Togo, e concerne
i giochi d'inversione cui si dedicano le sacerdotesse del vodu femminile1 Avlekete:
Avlekete si. La regione mina, o guin, nel Sud-est del Togo, è il luogo di una
organizzazione religiosa contemporaneamente rigida e spettacolare. Sebbene non
siano probabilmente né contemporanee né di uguale origine, l'organizzazione in
patrilignaggi (kɔtɑ) e l'organizzazione in conventi si completano in modo
sistematico. Come si è detto, molti lignaggi hanno un convento consacrato a uno o
più vodu, luogo di culto e di formazione riservato, sotto questo aspetto, in territorio
mina, all'educazione di alcune figlie del lignaggio o di alcune figlie di donne del
lignaggio. Una malattia è, in genere, il segno dell'elezione da parte del vodu; la
diagnosi stabilita da un indovino riconosce la chiamata del vodu: le giovani entrano
in convento sia per guarire che per essere iniziate; si deve notare che il richiamo,
così formulato, di figlie di donne del lignaggio sposate all'esterno, ha l'effetto di
ravvicinare queste donne al loro lignaggio e al loro villaggio d'origine, nella misura
in cui esse non intendono lasciare la propria figlia sotto la tutela del lignaggio.
Le sacerdotesse di Avlekete sono reclutate nelle stesse condizioni delle ospiti di
altri conventi iniziate a un altro vodu: una malattia è il segno della loro elezione ed
esse dipendono da un particolare lignaggio; ma il loro ruolo interessa l'insieme
della comunità del villaggio. Rispetto ad altri vodu, Avlekete è essa stessa, a ben
guardare, una specie di trickster, un dio paradossale; potente ma buffone, ella
rappresenta, prima di tutto, insieme alle istituzioni che le sono connesse, la
derisione del culto, in un certo senso l'inversione dell'inversione.
Precisiamo quest'ultimo punto. In territorio mina, tutti i conventi e, più in
generale, tutti i luoghi di culto si presentano, abbastanza vistosamente, come
altrettante soglie oltre le quali le pratiche si specificano quando non s'invertono: le
fedeli debbono camminare a piedi nudi, a torso nudo; tutti i gesti effettuati di solito
con la mano destra devono essere effettuati con la mano sinistra all'interno del
convento; insomma, tutti i vodu hanno esigenze e divieti particolari: un primo
criterio permette, per esempio, di distinguere fra coloro che ricevono l'olio rosso
(olio di palma) e coloro che ricevono l'alcol (alcol di palma). Avlekete, invece, non
conosce divieti, o, più esattamente, essa proibisce di proibire; l'unica proibizione
che grava sulle sacerdotesse di Avlekete è la proibizione di osservare i divieti.
Non soltanto esse non hanno alcun divieto proprio, ma sono tenute a non
rispettare i divieti e le pratiche altrui. Non facendo così esse si ammalano, proprio
come quelli che trasgrediscono i divieti. Così, quando incontrano nella foresta,
all'incrocio dei sentieri, un sacrificio offerto a questa o a quella divinità, hanno
l'obbligo di impossessarsene e di consumarlo, se è ancora consumabile o di
distruggerlo, pestandolo sette volte con il piede, se non è più consumabile. Al
villaggio, durante la vita normale, esse hanno un comportamento maschile e, più
che maschile, provocatorio: si mescolano alle riunioni degli uomini che ravvivano
con le loro battute e i loro interventi inopportuni; parlano molto e ad alta voce.
Possono di diritto intervenire in qualsiasi cerimonia. Le loro danze sono situate
sotto il segno del travestimento sessuale: indossano abiti maschili; questa
indicazione non può d'altronde che essere parziale e allusiva: indossando un
cappello, un perizoma dal lembo gettato sulla spalla, esse maneggiano in modo
inequivocabile, nel corso delle loro danze, vistosi simboli fallici.
A questo punto possono nascere ancora due commenti discordanti. Le donne di
Avlekete (Avlekete si) sono, come i vodu da cui dipendono, dei personaggi dotati di
virtù comiche; esse spingono la parodia degli uomini sino alla caricatura, sebbene
non si astengano dal dire agli uomini cosa pensano di loro. Un interprete le chiama
«donne da farsa». È senza dubbio possibile insistere su questo carattere della loro
recitazione e farne la chiave di una interpretazione più o meno anodina in termini
più o meno psicologici. Ma la realtà dell'istituzione e dell'interpre-tazione locali è
più complessa, più sfumata e, sotto certi aspetti, più drammatica. Un tempo le
donne di Avlekete - la cui azione, lo ripetiamo, ha di originale, rispetto alle altre
donne iniziate ad altri vodu, che interessa tutto il villaggio - avevano due tipi
fondamentali di attività rituale: un'attività continua e un'attività episodica. Due
volte all'anno erano incaricate di pulire e purificare il villaggio al termine di una
cerimonia che ha due nomi: du me gradō oppure du me plɔplɔ, letteralmente:
riparare o spazzare il villaggio, intendendo tale purificazione sia in senso proprio
che in senso figurato.
In caso di epidemia, e principalmente in caso di epidemia di vaiolo, esse erano
incaricate dai rappresentanti di tutti i conventi (e di tutti i vodu) di portare delle
offerte a Sapata, vodu responsabile del vaiolo; ma queste offerte erano altrettante
provocazioni: si trattava di offrire al dio del vaiolo gli alimenti che gli erano vietati
in modo che, disgustato, scappasse trascinando con sé l'epidemia di cui era insieme
il simbolo, il ricettacolo, la protezione e il rimedio. Almeno è così che localmente
si evoca l'efficacia di un rito che postula l'identità degli opposti e la cui logica
metonimica evoca la causa per significare gli effetti. Offrire al dio ciò che gli è
vietato è riconoscere lo stato capovolto del mondo, fare della trasgressione
rappresentata un effetto della trasgressione sconosciuta che è forse la causa della
collera del dio, ma nello stesso tempo, poiché la si rivendica e la si riconosce, fare
di questo effetto la causa di un nuovo capovolgimento, di una sovversione della
sovversione, di un ritorno all'ordine. Questo rituale, all'appa-renza irrispettoso,
questo inganno simbolico che fa della trasgressione al divieto l'istituzione
dell'ultimo rimedio, pare trovare la sua unica spiegazione nella situazione limite
nella quale si colloca, situazione di crisi della società e del potere che la mantiene
stabile.
1 Almeno nella versione di Anfouin (vedi cap. 2)

 
Top
0 replies since 15/4/2012, 19:39   39 views
  Share